Babbo Natale e psicologia: quando dirlo ai bambini

Babbo Natale esiste?

Arriva un momento in cui praticamente ogni genitore si sente fare questa fatidica domanda. Il mitico personaggio che gira il mondo a bordo della sua slitta trainata da renne per consegnare i regali esercita un forte fascino sui più piccoli, soprattutto quando sono in tenera età. È bello immaginare che ci sia qualcuno che attraversa il globo da un capo all’altro con un carico di doni, ma fino a che punto lo si può fare? Ovviamente i genitori si chiedono se sia giusto incoraggiare questa credenza, magari mettendo in piedi ogni anno una messinscena con tanto di travestimento, o se è meglio far capire ai bambini che si tratta solo di una leggenda. Qualora, poi, il bimbo scopra da solo che non esiste, non è sempre semplice comprendere come comportarsi. In tal senso, sono state fatte molte ricerche, che parlano dei benefici e delle controindicazioni  del credere a Babbo Natale.

Prima di tutto, può essere utile sapere che non c’è pericolo che i piccoli diventino dei creduloni, anche se pensano che Babbo Natale esista. I bambini molto piccoli sono ben capaci di distinguere tra immaginazione e realtà, nonostanto quanto si credeva fino a non molto tempo fa. L’autorevole psicologa Alison Gopnik, ad esempio, ha scritto che quando i bimbi fanno “finta di”, stanno in realtà esercitando una capacità cruciale dal punto di vista evolutivo, cioè immaginano modi alternativi in cui la realtà potrebbe essere. Pensare che Babbo Natale esiste, dunque, può essere un utile esercizio per allenare le capacità di ragionamento controfattuale. Pare, addirittura, che pensare che ci sia un anziano signore barbuto che scende dal camino richieda la stessa immaginazione che richiede la risoluzione di un problema scientifico.

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Anche altri esperti sono concordi nell’affermare che crede a Babbo Natale rappresenti una normale fase dello sviluppo cognitivo. Lo stesso principio vale anche quando si crede ad altri personaggi. Jacqueline Wooleey, psicologa all’università del Texas, ritiene ad esempio che la storia di Santa Claus, più che una bugia vera e propria, sia una sorta di esortazione a partecipare a una storia di fantasia. Secondo la psicologa Carole Slotterback, inoltre, non esiste alcun pericolo che la scoperta della non-esistenza di Babbo Natale possa essere un trauma significativo. Al di fuori del coro è la voce di David Kyle Johnson, professore di filosofia, che ritiene che quella su Babbo Natale sia una bugia inutile, che mina la fiducia nei grandi.

Come spiegare ai bambini che Babbo Natale non esiste

Di norma, fino a cinque anni i bimbi credono incondizionatamente a Babbo Natale. A sette dubitano, a nove smettono di crederci. La rivelazione avviene, nella maggior parte dei casi, in graduale e i bambini ci arrivano grazie ad alcuni indizi. Secondo gli psicologi è meglio non fare grandi “rivelazioni” per spiegare che non esiste ma, piuttosto, lasciare che siano i bimbi a scoprirlo da soli. Se ci arrivano, sarà un piccolo traguardo, che li farà sentire parte del mondo dei grandi.

Qualche curiosità su Babbo Natale…

La figura di Babbo Natale è presente in molte culture: è un elemento importante della tradizione natalizia della civiltà occidentale, oltre che in America, in Giappone e in altre parti dell’Asia orientale. Tutte le versioni del Babbo Natale moderno, chiamato Santa Claus nei paesi anglofoni, derivano principalmente da uno stesso personaggio storico: san Nicola, vescovo di Myra (oggi Demre, città situata nell’odierna Turchia), di cui per esempio si racconta che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste, e che per questo era considerato il Protettore dei bimbi. L’appellativo Santa Claus deriva da Sinterklaas, nome olandese di san Nicola. Che ci si trovi in Giappone, in Europa o negli Stati Uniti, poco cambia: resistere al suo fascino è impossibile!

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