Neo mamme e lavoro

Molte donne che hanno messo al mondo un figlio e che durante l’ultimo periodo della gravidanza è andata in maternità ha delle difficoltà a tornare a lavoro. Quando nasce un figlio, una madre deve e vuole tornare al lavoro: ci prova, ma non sempre ci riesce.  A confermare questa triste realtà è stata una recente ricerca condotta dall’Ispettorato del Lavoro, il quale ha registrato circa 25 mila licenziamenti di neo mamme che avrebbero voluto riprendere la loro normale attività lavorativa dopo il parto.

Questo problema presente in Italia si manifesta indipendentemente dal settore merceologico e molto spesso per le donne che sono sia mamme che mogli che lavoratrici conciliare la carriera con la gestione della famiglia, sopratutto nei primi anni di crescita dei figli, è un’impresa più che ardua e spesso improbabile. Il numero degli asili nido si è ridotto notevolmente rispetto al reale fabbisogno, i costi sono alti e non sempre è possibile affidare la cura dei figli ai nonni, i quali spesso sono ancora impegnati nel mondo del lavoro dato l’innalzamento dell’età pensionabile oppure non ci sono.

Si sono registrati oltre 37 mila licenziamenti di genitori che hanno dei figli piccoli ( sotto i 3 anni) tra cui 30 mila solo donne. I licenziamenti effettivi sono 25.000 la restante parte ha cambiato luogo di lavoro e azienda mentre le restanti hanno deciso di abbandonare il lavoro e dedicarsi alla cura dei figli. Una scelta dettata dalla mancanza di nidi e dai costi troppo alti per l’iscrizione.

La Lombardia è al tempo stesso la regione che crea più lavoro, ed ha anche il maggior numero di asili nido, ma è  quella che conta il maggior numero di licenziamenti.9 mila sono i genitori che decidono di lasciare il posto, di cui 5 mila per motivi familiari. Seimila e 767 donne si sono licenziate per mancato accoglimento al nido, assenza di parenti disponibili a curare il neonato e elevata incidenza dei costi di assistenza.Tante, ancora troppe se si considera che la Lombardia garantisce una delle reti di nidi e supporto tra le più sviluppate in Italia

Il Veneto è la seconda regione per numero di dimissioni, 5.008 (3.658 mamme e 1.350 papà). In questo caso, a differenza delle altre zone d’Italia, sono 770 i genitori che sottolineano come nella scelta abbia inciso la mancata concessione del part time e la modifica dei turni. Terze, in questa classifica infelice, sono il Lazio (3.616) e l’Emilia Romagna (3.609), quasi a pari merito nonostante le enormi differenze sociali e lavorative dei due territori. In questi casi hanno scelto di perdere il lavoro perché non riuscivano a conciliarlo con la famiglia rispettivamente 1.519 e 1.243 donne. Al Sud la situazione non è tra le migliori visto l’alto tasso percentuale di disoccupazione femminile, ragion per cui non è possibile paragonare le statistiche a livello assoluto. In Calabria nonostante il numero di abitanti, le dimissioni sono state appena 517. Si fa presto a considerare che in questo caso incide tanto la disoccupazione femminile

Un altro dato che emerge dai numeri forniti dall’Ispettorato nazionale del lavoro molto preoccupante riguarda lo stipendio delle donne che guadagnano meno. Sono proprio queste con impieghi meno remunerativi costrette a lasciare il lavoro: tra operaie e impiegate, infatti, si arriva a 28.102 convalide, mentre quelle di dirigenti e quadri sono state solo 680.

L’analisi delle qualifiche delle donne che lasciano il lavoro ha fatto emergere che  come meno guadagni più sei sola e “costretta” a dimetterti. Ecco che tra operaie e impiegate si arriva a 28.102 convalide, mentre quelle di dirigenti e quadri sono state 680. Con uno stipendio che a stento raggiunge i mille euro i conti sono presto fatti: ne spendi almeno 500 tra tata e nido e dai 500 che avanzano bisogna ancora sottrarre costi base come pannolini e prodotti per l’igiene. Sono in molte a pensare che non valga la pena stare almeno 7 ore lontano da casa per guadagnare così poco e non dedicarsi al figlio.  

 Con l’arrivo del nuovo anno, però, arrivano anche una serie di agevolazioni pensate dal Fisco per le famiglie. Si va dallo sconto fiscale per metro, treni e scuolabus alla detrazione per gli studenti con disturbi di apprendimento, fino al bonus per gli strumenti musicali e al bonus bebè, ma tutto questo non sembra bastare.

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