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Li chiamiamo volgarmente “orecchioni”, ma in termini scientifici si tratta di parotite. Il nome deriva dal fatto che le orecchie, con la malattia, sembrano più grandi e gonfie perché spinte in fuori dalla ghiandole parotidi. In dettaglio tecnico, la parotite è una malattia infettiva provocata da un virus della famiglia dei Paramyxovirus. La conseguenza diretta, appunto, è il rigonfiamento delle ghiandole salivari che provoca dolore. A esserne vittima sono le ghiandole parotidi, quelle collocate in basso dietro alle orecchie. La parotite epidemica, nella maggior parte dei casi, si manifesta nei bambini tra i 5 e i 10 anni, con picchi fra gennaio e maggio. Il pericolo, manco a dirlo, è il contagio casalingo: se uno dei vostri figli becca la malattia, fate subito attenzione al fratello o alla sorella. Non è un caso che la legge preveda l’isolamento di 9 giorni dalla comparsa del rigonfiamento; il periodo del contagio, che inizia tra i 2 e i 7 giorni prima del rigonfiamento, finisce all’incirca tra i 5 e gli 8 giorni successivi.
Orecchioni, sintomi
Quali sono i sintomi degli orecchioni? Dopo un’incubazione che va dai 10 ai 21 giorni, compaiono quelli comuni a molte patologie. È uno spiacevole ibrido tra mal di testa, mal di pancia, una leggera nausea, febbre, senso di spossatezza. Può anche capitare – è bene sottolinearlo – che in alcuni bambini non compaiano i sintomi della parotite considerati tipici. Una delle due ghiandole parotidi inizia a gonfiarsi, in genere, dopo 3 giorni; nel giro di 2 giorni, poi, lo stesso processo si verifica anche nell’altra ghiandola. L’apice del rigonfiamento arriva in 3 giorni, dunque si attenua e dovrebbe scomparire in una settimana o poco più. Non è infrequente che il bimbo avverta dolore dietro l’orecchio, anche intenso, e guance gonfie in maniera notevole. E, proprio quando le ghiandole sono molto gonfie, vostro figlio potrebbe far fatica a mangiare per il dolore: con la masticazione, del resto, si muove la mandibola, stimolando la zona infiammata. Gli orecchioni possono anche essere senza febbre, ma in genere si raggiungono i 38-39 gradi di temperatura.
Orecchioni in gravidanza
Gli orecchioni in gravidanza meritano un capitolo a parte. Del resto gli orecchioni in età adulta non sono un copione infrequente come potrebbe sembrare di primo acchito. Durante la gravidanza il virus può essere contratto. Come? Bastano anche delle goccioline di saliva emesse con la respirazione. I sintomi sono i soliti: gonfiore e dolore alle ghiandole salivari, oltre che alle ovaie, senza dimenticare il pancreas. E ancora difficoltà a deglutire e dunque a mangiare, senso di spossatezza, febbre. Se la parotite, sfortunatamente, arriva nelle prime 12 settimane di gravidanza, si potrebbe verificare un aborto spontaneo. Per questo è sempre consigliabile il vaccino, insieme a quello per il morbillo e la rosolia. Capite bene, in altre parole, che gli orecchioni in un adulto possono essere un problema parecchio spiacevole. Negli uomini, peraltro, può perfino verificarsi l’atrofizzazione dei testicoli con conseguente sterilità, ma è un caso molto raro. Attenzione, poi, a pancreatite e a meningite parotitica, seppur curabili.
Orecchioni, cura
Come per le altre malattie virali, anche per la parotite (o gli orecchioni, che dir si voglia) non esiste una vera e propria cura ufficiale. Il pediatra, però, può attutire i sintomi dando al bambino un antifebbrile a base di paracetamolo, quando la temperatura supera i 38 gradi. Oppure qualche antidolorifico se i fastidi non sono sopportabili a causa del rigonfiamento delle ghiandole. Non è strettamente necessario tenere il bambino a letto con il regime di “riposo forzato”, per così dire. La cosa più importante di tutte, comunque, resta il vaccino. Di norma viene somministrato ai bambini tra i 15 e i 18 mesi di età con un richiamo tra i 5 e i 6 anni. È associato alle vaccinazioni contro rosolia e morbillo e resta il miglior rimedio in assoluto.